Kant

 Immanuel Kant sviluppò il suo pensiero filosofico nella Prussia del Settecento, un periodo di grande sviluppo culturale sotto il regno di Federico II. Federico II, noto per il suo "assolutismo illuminato", promosse riforme educative e giudiziarie, sostenne il commercio internazionale e incoraggiò la tolleranza religiosa e lo spirito umanitario. 

In questo clima culturale, Kant completò il progetto dell'Illuminismo, integrando l'antidogmatismo e l'esaltazione della ragione dei philosophes con il pietismo e l'empirismo di Locke e Hume. La filosofia di Kant ha tracciato nuovi confini per la conoscenza, indicando l'ambito in cui la scienza può operare con sicurezza, pur riconoscendo l'esistenza di una dimensione ideale e di libertà oltre l'esperienza. Kant si concentrò sulla metafisica, interrogandosi sul valore delle indagini su Dio, l'anima e l'ordine del mondo. Sebbene i razionalisti come Cartesio e Leibniz tentassero di dimostrare l'esistenza di Dio e delle idee innate, Kant concluse che la metafisica non aveva prodotto altro che ipotesi fantasiose. La metafisica rimane quindi un'aspirazione insopprimibile ma problematica, piena di oscurità e contraddizioni. 

L'opera fondamentale di Kant è la "Critica della ragion pura"; a essa seguono la "Critica della ragion pratica" e la "Critica del giudizio". Queste opere segnano la fase "criticista" del suo pensiero, distinta da una fase "precritica" in cui Kant studiò i testi dei razionalisti e degli empiristi, come Leibniz e Newton. L'influenza di Hume risvegliò in Kant dubbi sulla metafisica, portandolo a scrivere il saggio "Sogni di un visionario chiariti con i sogni della metafisica" nel 1766, dove critica la metafisica come illusoria.

Nel 1770, Kant divenne professore di logica e metafisica all'Università di Königsberg. Nel 1781, pubblicò la prima edizione della "Critica della ragion pura", seguita da una seconda edizione nel 1787, la "Critica della ragion pratica" nel 1788 e la "Critica del giudizio" nel 1790. Nonostante la difficoltà del linguaggio, queste opere fondamentali cambiarono il panorama filosofico.

Nel 1793, Kant scrisse "La religione nei limiti della semplice ragione", criticando la politica religiosa prussiana, e nel 1795, pubblicò "Per la pace perpetua", promuovendo la pace tra gli Stati basata sull'etica. La "Metafisica dei costumi" del 1797 fu un'importante opera di filosofia del diritto. Kant morì nel 1804 e fu sepolto nella cripta della chiesa dell'Università di Königsberg. Sulla sua lapide furono incise le celebri parole della "Critica della ragion pratica": «Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuove e crescenti, quanto più sovente e a lungo si riflette sopra di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me».

L'appello all'esperienza e la critica alla metafisica razionalista non implicano per Kant un'adesione all'empirismo, di cui anzi evidenzia i forti limiti. Il razionalismo metafisico approda a esiti dogmatici, mentre l'empirismo giunge a posizioni scettiche. Kant, influenzato da Hume, riconosce i limiti dell'esperienza ma vede in essa un punto di partenza per fondare la validità della scienza. Nell'Introduzione alla "Critica della ragion pura", Kant afferma che ogni conoscenza inizia con l'esperienza, ma non tutta deriva dall'esperienza, poiché la nostra facoltà conoscitiva aggiunge qualcosa di proprio.

Questo approccio porta Kant a delineare un ambito della conoscenza rigorosamente universale e necessaria, limitata all'esperienza fenomenica. L'analisi delle condizioni di possibilità di tale sapere è l'obiettivo della "Critica della ragion pura". Il progetto criticista di Kant consiste nell'indagare le capacità e i limiti della ragione umana, acquisendo consapevolezza dell'estensione e dei confini del suo orizzonte conoscitivo, evitando i rischi di sogni metafisici inutili e pericolosi.

Kant osserva che la metafisica, a differenza della scienza, è un "campo di lotta" in cui i pensatori non trovano soluzioni condivise. Questo perché la filosofia manca di un criterio per distinguere il vero dal falso, al contrario della scienza che ha un metodo rigoroso. Kant si chiede se sia possibile conferire alla metafisica la certezza della scienza e decide di indagare le strutture logiche della conoscenza, partendo dalla fisica e dalla matematica. Utilizzando un linguaggio giuridico, Kant parla di un "tribunale della ragione" per chiarire i limiti della conoscenza umana. La ragione deve esaminare le fonti delle sue nozioni e i confini del suo raggio d'azione. La critica della ragione è un'autocritica che segue leggi razionali. Kant si interroga su come sia possibile la scienza e se la metafisica possa diventare una scienza. Analizza i fondamenti della matematica e della fisica, distinguendo tra giudizi analitici (dove il predicato è già nel soggetto) e giudizi sintetici (dove il predicato aggiunge nuove informazioni).

I giudizi a priori sono quelli che possono essere conosciuti indipendentemente dall’esperienza. Sono giudizi necessari e universali, il cui valore di verità non dipende dall’osservazione empirica ma è garantito dalla struttura stessa della ragione umana (5+7=12). I giudizi a posteriori, al contrario, sono quelli che possono essere conosciuti solo tramite l’esperienza. Il loro valore di verità dipende dall’osservazione del mondo e possono variare a seconda delle circostanze empiriche(La neve è bianca).

Il giudizio sintetico a priori è un tipo di giudizio che amplia la nostra conoscenza aggiungendo nuove informazioni, ma che può essere conosciuto indipendentemente dall'esperienza. Un esempio è "Tutto ciò che accade ha una causa," che è necessario e universale, non derivato dall'osservazione empirica, ma fondamentale per organizzare l'esperienza stessa.


IL CONCETTO TRASCENDENTALE 

Kant definisce "trascendentale" l'interrogativo su come siano possibili i giudizi sintetici a priori, ossia su come sia possibile la conoscenza scientifica. Il termine "trascendentale" si riferisce alla conoscenza che si occupa del modo in cui conosciamo gli oggetti, in quanto possibile a priori. Le sezioni della Critica della ragion pura che esaminano le forme a priori delle facoltà umane sono denominate "trascendentali", La Critica ha una funzione trascendentale perché analizza le condizioni a priori della conoscenza, non indicando una dimensione ontologica ma i presupposti gnoseologici che rendono possibile la conoscenza e la costituzione del mondo fenomenico, cioè il mondo come appare e si organizza in relazione all'uomo.

Il criticismo di Kant non cerca di ampliare il sapere scientifico né di studiare gli oggetti delle scienze o della matematica, ma mira a comprendere i presupposti teorici del sapere scientifico e a legittimarlo in modo trascendentale, una conoscenza di "secondo livello". Kant, nella "Critica della ragion pura", struttura l'opera in modo sistematico per riflettere l'architettura della ragione umana. L'opera è divisa in due parti: la Dottrina degli elementi, che scompone la ragione nelle sue parti fondamentali, e la Dottrina del metodo, che riguarda l'applicazione di questi elementi.

La Dottrina degli elementi comprende l'Estetica trascendentale, che analizza la conoscenza sensibile e le sue forme a priori, e la Logica trascendentale, che studia il pensiero e le sue regole. Quest'ultima si divide ulteriormente in Analitica trascendentale, che si occupa dell'intelletto puro, e Dialettica trascendentale, che si occupa della ragione e dei suoi principi. Nell'Estetica trascendentale, Kant afferma che la sensibilità è sia passiva, ricevendo dati dall'esperienza, sia attiva, organizzando questi dati attraverso le forme a priori di spazio e tempo. Queste forme sono innate e non derivabili dall'esperienza, rendendo possibile la conoscenza degli oggetti esterni.

Kant paragona la sua rivoluzione nella filosofia alla rivoluzione copernicana: così come Copernico spostò l'attenzione dalla Terra al sole, Kant sposta l'attenzione dall'oggetto al soggetto che conosce. La filosofia, secondo Kant, deve indagare le condizioni soggettive a priori che rendono possibile la conoscenza, definendo la sua indagine come "trascendentale". 

Il tempo, considerato fondamentale per la filosofia, è la forma del senso interno che ci permette di percepire i nostri stati interiori in successione (passato, presente e futuro). Mentre lo spazio è la forma del senso esterno per conoscere gli oggetti fuori di noi, il tempo è la condizione a priori di ogni fenomeno, sia interno che esterno. Il tempo è essenziale per l'aritmetica poiché ci consente di comprendere il concetto di numero come successione. Quindi, l'intuizione del tempo giustifica la validità della matematica, dotata di necessità e universalità, così come l'intuizione dello spazio giustifica la geometria. La sensibilità fornisce sensazioni organizzate dallo spazio e dal tempo, ma per una conoscenza autentica serve l'attività sintetica dell'intelletto che unifica queste sensazioni in concetti. I concetti possono essere empirici (derivati dall'esperienza) o puri (innati nell'intelletto), chiamati anche categorie.

Kant suddivide le categorie in quattro classi: quantità, qualità, relazione e modalità. Queste categorie aiutano a costruire giudizi e organizzare la conoscenza. Il problema principale è giustificare l'applicazione delle categorie ai dati sensoriali. Kant risolve questo con la deduzione trascendentale delle categorie, che legittima l'uso delle categorie per ordinare i fenomeni naturali, garantendo così la validità del processo conoscitivo.


L'IO PENSO

L'io penso è il fondamento dell'attività sintetizzatrice della conoscenza, permettendo di unificare e attribuire a un soggetto le varie rappresentazioni. Questo concetto, fondamentale per Kant, non è una coscienza individuale, ma una struttura mentale universale che rende possibile l'esperienza. L'io penso, o autocoscienza, è necessario per applicare le categorie del pensiero agli oggetti, garantendo la validità e l'oggettività della conoscenza scientifica. Senza di esso, le rappresentazioni sarebbero frammentate e incoerenti. Kant distingue tra fenomeno e noùmeno. Il fenomeno è la realtà come appare al soggetto attraverso le forme a priori della sensibilità e dell'intelletto. Il noùmeno è la realtà delle cose in sé, che è pensabile ma non conoscibile perché oltre il mondo fenomenico..


La cosa in sé
, secondo Kant, è necessaria per evitare che l'intelletto umano si consideri infinito e creatore dei propri oggetti. Essa rappresenta un "concetto limite" che segna il confine invalicabile della scienza, indicando che la nostra conoscenza si basa sulle rappresentazioni e non può esaurire la realtà assoluta. Tentare di andare oltre il mondo fenomenico porta a paradossi e contraddizioni, come discusso nella Dialettica trascendentale.

Kant conclude l'Analitica trascendentale affermando che la mente non può conoscere nulla oltre i fenomeni. Tuttavia, la ragione umana cerca di unificare i dati dell'esperienza in concetti più grandi come l'anima, il mondo e Dio, ma queste idee sono solo illusioni e non possono essere conosciute scientificamente. La conoscenza, secondo Kant, richiede sia intuizione sensibile che concetti. Le idee metafisiche, come l'anima e Dio, possono essere pensate ma non conosciute, poiché mancano dell'intuizione sensibile. La ragione può concepire queste idee, ma non può dimostrarle scientificamente.



Kantcerca le condizioni a priori della moralità nella ragione. La legge morale, secondo lui, è un "fatto della ragione" innato e universale, che guida le nostre azioni indipendentemente dalle circostanze o inclinazioni personali.

Kant distingue tra l'uso teorico e pratico della ragione. La ragione pratica, che si identifica con la volontà, permette di agire secondo principi normativi universali. Kant distingue tra massime, soggettive e individuali, e imperativi, che devono valere per tutti. Gli imperativi possono essere ipotetici, condizionati da scopi, o categorici, che comandano azioni per il dovere stesso. Secondo Kant, l'azione morale autentica deve essere motivata dal dovere, non da inclinazioni o fini personali. Ad esempio, aiutare qualcuno per compassione non è un atto morale, mentre agire per puro dovere lo è. Kant critica l'idea che la moralità sia legata alla ricerca della felicità, poiché la felicità dipende da fattori empirici e non può essere la base universale dell'agire morale. La virtù consiste nell'obbedire alla legge morale per rispetto della norma razionale, senza influenze esterne o fini ulteriori.

"Come sarebbe se tutti facessero cosi?"

La prima formulazione dell'imperativo categorico afferma che dobbiamo agire solo secondo quelle regole che possiamo desiderare diventino leggi universali. La seconda formulazione dice di trattare l'umanità sempre come un fine e mai solo come un mezzo, rispettando la dignità di ogni persona. La terza formulazione prescrive di agire come se la nostra volontà fosse universalmente legislatrice, rendendoci sia sudditi che legislatori delle leggi morali. Kant sottolinea che la moralità consiste nell'obbedire alla legge morale per rispetto della ragione, senza fini personali, esprimendo così la nostra libertà morale al livello più elevato.

L'etica kantiana, definita "etica dell'intenzione", richiede non solo il rispetto della legge, ma anche la convinzione interiore della sua giustezza. La moralità si fonda sulla "volontà buona", ossia la volontà consapevole e convinta di aderire alla legge morale, indipendente da passioni e desideri, basata solo sulla ragione pura. Questo approccio, severo e rigoroso, esclude emozioni e sentimenti, tranne il rispetto per la legge. Kant riconosce che l'uomo ha bisogni e desideri naturali, ma la moralità implica l'elevarsi al di sopra di questi. Secondo il filosofo Otfried Höffe, l'autonomia morale significa riconoscere e affermare i propri bisogni senza che questi diventino il motivo ultimo delle azioni. La scoperta della legge morale permette all'uomo di accedere a una dimensione di libertà che trascende il mondo fisico, bilanciando tra l'essere soggetto alle leggi naturali e avere volontà autonoma collegata al mondo dei fini e della libertà.

In conclusione, Kant opera una "rivoluzione copernicana" nell'etica, a differenza dei filosofi precedenti che basavano la morale su principi esterni, Kant afferma che solo la ragione umana, universale e incondizionata, può fondare una morale valida per tutti.


Kant sostiene che il giudizio di gusto, pur basato sul sentimento individuale, ha una pretesa di universalità. Il bello è "ciò che piace universalmente senza concetto", cioè qualcosa che tutti possono apprezzare immediatamente senza bisogno di spiegazioni razionali. Quando affermiamo che qualcosa è bello, presupponiamo che tutti debbano essere d'accordo, nonostante non possiamo giustificare concettualmente il piacere che proviamo. Kant distingue tra il piacere estetico e i gusti personali. Il piacere estetico deriva dalla forma e dall'immagine dell'oggetto e sollecita giudizi estetici puri, privi di condizionamenti personali e quindi universalizzabili. Al contrario, il piacevole è soggettivo e relativo, dipendendo dalle inclinazioni individuali.

Per chiarire ulteriormente, Kant introduce la distinzione tra "bellezza libera", apprezzata senza riferimento a concetti o scopi, e "bellezza aderente", che comporta un riferimento a un archetipo di perfezione. Solo i giudizi estetici puri, derivati dalla contemplazione disinteressata della forma dell'oggetto, possono rivendicare l'universalità. Questi giudizi esigono di valere per tutti, poiché sono fondati su un piacere estetico che non dipende da considerazioni intellettuali o pratiche.

Kant sostiene che l'universalità soggettiva dei giudizi di gusto si basa sulla comune struttura mentale degli uomini. Questo "senso comune" permette a tutti di percepire l'armonia tra l'immagine di un oggetto e le nostre esigenze di unità e finalità, facendo apparire l'oggetto bello come se fosse predisposto per noi. La bellezza, quindi, non risiede negli oggetti stessi ma nel soggetto, che proietta inconsapevolmente il sentimento di armonia sugli oggetti. Il giudizio estetico non deriva da qualità esterne o da convenzioni sociali, ma è un giudizio di relazione, in cui il soggetto conferisce bellezza all'oggetto percependo un accordo con esso. La bellezza è così vista come un "favore" che facciamo alla natura, elevandola al livello umano.

SUBLIME

Kant distingue il sublime in due tipi: matematico, che riguarda la grandezza della natura, e dinamico, che concerne la potenza della natura. Entrambi suscitano un misto di piacere e terrore. Il sublime differisce dal bello perché, mentre il bello è limitato e proporzionato, il sublime evoca l'illimitato e il senza forma, provocando un "piacere negativo". Di fronte al sublime, l'uomo sente la propria finitezza ma anche la sua superiorità spirituale, riconoscendo in sé la grandezza attribuita all'oggetto.

Kant distingue la creazione artistica dal lavoro artigianale: la prima è libera, la seconda è condizionata da finalità pratiche. L'arte nasce dal genio, un talento naturale che dà regole all'arte. Il genio crea opere originali che diventano parametri del giudizio estetico, stimolando altri artisti e producendo una scuola di imitazione metodica. L'arte ha anche una finalità educativa, permettendo all'uomo di cogliere e fare proprie le idee originali dell'artista.

Kant, nella "Critica del giudizio", distingue i giudizi teleologici da quelli estetici. Mentre i giudizi estetici valutano il piacere derivato da un oggetto, i giudizi teleologici riflettono sul fine o scopo di un oggetto, come capire che l'occhio serve per vedere. Questi giudizi sono universali perché gli esseri umani vedono inevitabilmente finalità nella natura. Kant evidenzia la differenza tra meccanismi come orologi, che non possono auto-organizzarsi o riprodursi, e organismi viventi, che si sviluppano, conservano e rigenerano. Mentre la fisica si basa su cause meccaniche, la biologia richiede una prospettiva teleologica per spiegare l'organizzazione e le interazioni tra le parti degli organismi viventi. La teleologia, una tendenza umana a vedere scopi nei fenomeni naturali, porta inevitabilmente alla teologia, suggerendo un disegno creatore. Tuttavia, Kant sottolinea che il giudizio teleologico è solo regolativo, non costitutivo o scientifico, riflettendo un modo soggettivo di rappresentare la realtà senza dimostrare l'esistenza di un ente creatore.

Commenti

Post popolari in questo blog

Tommaso Campanella

Cartesio